Frederich Prokosh
era un romanziere fantastioso. Come il fantastico scrittore Vladimir Nabokov,
Prokosh era un entomologo. Ma non collezionava soltanto farfalle: Prokosh collezionava
Personalità.
Nato negli Stati Uniti d'America nel 1908, nel '35 pubblicò il suo romanzo
"The Asiatics", resoconto di un viaggio immaginario in Estremo Oriente
che lo rese famoso e abbastanza ricco e soddisfatto da trascorrere il resto
della sua vita, fino alla fine serena a Grasse, in Provenza, ad incontrare in
giro per il mondo tutti Personaggi che ammirava o che lo incuriosivano, dal
poeta Auden a Beckett, da Karen Blixen a JAMES JOYCE. Questo è il resoconto
del suo incontro con Joyce a Parigi.
VM
Mi ero immaginato una Parigi grandiosa, scintillante, raffinata. Ero tremendamente
deluso. La trovavo squallida, sporca, teatra. Ma poi, all'improvviso, mentre
aspiravo coscienziosamente il fumo acre della mia sigaretta, la città
subì una trasformazione. La nebbia si era levata, l'aria si fece lucida,
vibrante. Perfino il caffè nero delle tazzine esagonali assunse una nuova
profondità e una fragranza carica di promesse. M'innamorai di Parigi,
non con l'ebbrezza che doveva venire in seguito, ma con diffidenza e inquietudine,
quasi temessi di essere tradito. Fu la luce del sole a farmi capitolare, mentre
scorreva sulle facciate, discreta e magica, come in un sogno. Il gioco di luci
e ombre trasfigurava la città in un labirinto in cui s'intrecciavano
meraviglie umane, sofferenze e perfidie umane.
Alle quattro, andai al numero 12 di rue de l'Odéon, dove Sylvia Beach
aveva la libreria, la Shakespeare & Co. Lì l'avanguardia era di casa.
Trovai Sylvia vicino alla porta, in un vestito di tweed color ruggine. Aveva
un viso energico e intenso, con la mascella greca e gli occhi d'acciaio.
-E' già arrivato?-
VF
Non ancora.
VM
E' sicura che verrà?
VF
Non ci scommetterei.
VM
La porta d'ingresso si spalancò con un lieve scatto e nella piccola libreria
si fece silenzio. Sylvia prese il genio per il braccio e lo condusse nell'ufficio.
VF
Sì, il libro è andato molto bene. Una sorpresa. Non puoi immaginare
quanti giovani bostoniani si affacciano a chiedere una copia di "Ulysses".
E' venuta anche una signora di Cincinnati con un cappellino carico di rose.
Ha deciso di comprarne 3 copie da regalare alle sue zie.
VM
-Delizioso questo tè - diceva l'altro con un tono distratto - Come si
chiama? Darjeeling?
VF
Lapsang souchong. L'ho comprato da Hédiard
VM
E questi pasticcini alle prugne sono eccellenti.
VF
Li ho presi da Rumpelmeyer.
VM
A questo punto, Sylvia mi invitò allegramente ad affrontare il genio.
VF
Non morde mica.
VM
Entrai in ufficio in punta di piedi.Lui continuava a guardare la sua tazzina,
assente e dispeptico, con l'aria di un medico di campagna amareggiato dalla
vita. Portava un cravattino a pallini, un panciotto molto aderente e una benda
incollata sull'occhio sinistro, come un fungo. C'erano in lui molte cose appuntite:
il mento sottile e sporgente, il naso fine, a punta e le dita, verdi e affilate,
simili a rampini.
-Mi dica, Mr.Joyce. Per Buck Mulligan si è ispirato a qualche personaggio
reale?-
VF
Forse il dottor Gogarty...
VM
Il dottor St.John Gogarty era famoso per il suo spirito: per questo, lo chiamavano
l'inimitabile dottor Gogarty.
Un giorno gli domandai: - E' vero che lei è servito da modello per il
personaggio di Buck Mulligan?-
-E' vero, ragazzo mio, è vero e tuttavia non è vero. Joyce mi
diceva che l'originalità non esiste. Una curiosa affermazione. L'originalità
non esiste!-
VF
Forse il dottor Gogarty, James...
VM
Nonostante le superstizioni del volgo, non ci sono modelli, per nessuno dei
miei romanzi, disse Joyce. Riprese la sua tazza di tè e centellinò
un sorso con pio raccoglimento. Vestiva come un dandy, ma l'abito appariva in
disordine.
VF
Teneva stretto tra i ginocchi ossuti un bastone di malacca del quale accarezzava
il pomo con qualche titubanza.
VM
-Non dovrei bere il tè. Nora dice che è molto astringente. Tutti
gli inglesi sono stitici, Nora non fa che ripetermelo e tutto dipende da quei
milioni di insidiose tazze di tè-.
Che delusione. Mi ero scervellato intorno a "Ulysses" - era troppo
complicato e carico di allegorie, troppo lontano dalla leggendaria semplicità.
E tuttavia mi aspettavo qualcosa di più strano, di meno pedantesco e
triviale. Fissavo la benda sull'occhio con una crescente perplessità.
-Questi éclairs sono ottimi- disse Joyce leccandosi la punta delle dita
-Ma non dovrei mangiarne. Nora dice che provocano flatulenza-. Mi strizzò
l'occhio sano con un'improvvisa perspicacia, come se si divertisse a misurare
la profondità della mia delusione. -Bene-disse-devo smetterla con questa
storia della flatulenza. Lei muore dalla voglia di farmi una domanda. Fuoco!-.
Mi resi conto con orrore di non avere domande pronte. Sparai a caso.
-Mi può dire-balbettai-che cosa pensa di Virginia Woolf?-.
-Virginia Woolf ?-. Ebbe un sorriso volpino.
VF
Chi ha paura di Virginia Wool, Virginia Wool, Virginia Woolf?
VM
-Un nome che fa impressione, su questo sono pienamente d'accordo. Ha sposato
quel lupo di marito solo per cambiar nome. Virginia Stephen non è un
bel nome per una scrittrice dedita all'esplorazione. Un giorno scriverò
un libro sulla pertinenza dei nomi. Geofrey Chaucer ha un nome ribaldo, com'è
giusto e pertinente e Alexander Pope era inevitabilmente Alexander Pope. E Shelly
era molto Percy e molto Bysshe.
VF
Si appoggiò allo schienale e sorrise compiaciuto. Poi fissò il
suo bastone con un'aria di profonda malinconia.
VM
Lei crede che la Woolf sia una maestra dello stream of consciousness?
-Buon Dio, che cos'ha detto? Stream of consciousness? Che roba è?-
Ma il grande monologo finale di Molly Bloom...
VF
Molly Bloom era una donna con i piedi per terra.
VM
-Non si sarebbe mai permessa qualcosa di così cerebrale come lo stream
of consciousness. Quando sento la parola stream pronunciata con una tale dose
di disgustosa petulanza, mi viene fatto di pensare all'orina, non al romanzo
contemporaneo. Io la prego di non arrischiarsi mai più a dire queste
scempiaggini sullo stream of consciousness-.
Oltre che tradito, mi sentivo umiliato. Non scoprivo nessuna traccia di uno
splendore nascosto. Eppure, mentre lo guardavo senza speranza, mi parve di cogliere
nel suo occhio un lampo di complicità...
VF
...come una candela accesa in una chiesa abbandonata.
VM
Ma l'ultima parola spetta al Dottor Oliver St.John Gogarty:
-Vede, mio giovane amico, a Joyce non interessava quella che noi chiamiamo sperimentazione.
La giudicava piuttosto volgare, noveau riche, si potrebbe dire. Joyce è
sempre stato un aristocratico. Credeva nelle antiche oligarchie. Joyce ammirava
profondamente Yeats e non ne fece mai mistero...
VF
E l'ultimissima parola la diamo al poeta, William B. Yeats, irlandese:
Astraddle on the dolphin's mire and blood,
spirit after spirit! The smithies break the flood,
the golden smithies of the Emperor!
Marbles of the dancing-floor
break bitter furies of complexity...
VM
Cavalcando il fango e il sangue del delfino,
spirito dopo spirito! Le fucine frangono il flutto,
le auree fucine dell'Imperatore!
I marmi della sala danzante frangono amare furie di complessità...